Non si tratta di uno slogan nazionale sulla sicurezza, ma di un’azienda leader nella gestione digitale della sicurezza sul lavoro. Ecco perché è importante distinguere branding e realtà.
di Mario Stigliano
Durante gli Australian Open, uno degli eventi sportivi più seguiti al mondo, a bordo campo spiccavano i banner con la scritta “Safety Culture”. Per molti professionisti italiani della sicurezza sul lavoro, quei cartelli hanno subito evocato l’immagine di un’Australia attenta e proattiva nel promuovere la cultura della sicurezza, tanto da renderla protagonista anche in un evento di tale portata.
Ma siamo sicuri che sia così?
In realtà, “Safety Culture” non è uno slogan o una campagna nazionale, bensì il nome di un’azienda australiana specializzata nella consulenza e nello sviluppo di app per la gestione digitale della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Per chiarire l’equivoco ho lanciato un breve video per spiegare come questa confusione sia nata e perché è importante distinguere tra il marketing e la vera cultura della sicurezza.
Safety Culture, infatti, è un’azienda leader nel settore, nota per soluzioni digitali che aiutano imprese e cantieri a ottimizzare la gestione della sicurezza. Tra gli strumenti sviluppati, app e piattaforme utilizzate da professionisti di tutto il mondo per digitalizzare procedure, gestire valutazioni dei rischi e pianificare interventi in modo più efficiente.
“Se la cultura della sicurezza fosse davvero un valore universale, non si limiterebbe a uno slogan su un campo da tennis, ma si tradurrebbe in azioni concrete nei luoghi di lavoro”. La cultura della sicurezza è fatta di pianificazione e comportamenti quotidiani che salvano vite e rendono i luoghi di lavoro più sicuri per tutti.
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Safety Focus – Anno XII – Numero 2 – 27 gennaio 2025