Obbligo di formazione, parola alla Cassazione – Prima Parte

di Federica PALMIERI

In materia di prevenzione degli infortuni ai danni dei lavoratori l’art. 18, comma 1, lett. I), del D.Lgs  81/2008 e s.m.i. obbliga il Datore di Lavoro ad adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli artt. 36 e 37.

Il fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, che può dipendere sicuramente da una scarsa sicurezza relativa agli impianti tecnologici, alle attrezzature ecc., è influenzato da una serie di concause, di cui una parte significativa è riferibile ai comportamenti del lavoratore: il cosiddetto “fattore umano”. Tra le misure che promuovono la prevenzione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, l’attività di formazione dei lavoratori assume un ruolo fondamentale proprio in quanto può modificare i comportamenti.

Gli Accordi Stato-Regioni del 21/12/11 e del 25/07/2012 (ASR), hanno fornito utili indicazioni per ottemperare agli obblighi formativi dei lavoratori.

La formazione per i lavoratori, secondo la definizione del D.Lgs 81/2008, rappresenta una parte fondamentale del cammino educativo indirizzato a conseguire “competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e all’identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi”; in particolare, essa costituisce per ciascun lavoratore un’insostituibile occasione di acquisizione di consapevolezza, volta a comprendere quanta importanza riveste, per la propria ed altrui salute e sicurezza, l’adozione di comportamenti lavorativi corretti. Naturalmente è fondamentale che la formazione sia facilmente comprensibile da tutti i lavoratori; quindi nel momento in cui questi ultimi siano stranieri, è previsto che sia effettuata una verifica della comprensione e conoscenza della lingua utilizzata.

Riguardo tale argomento, la Corte di Cassazione, ha più volte espresso pareri.

Esaminiamo due sentenze:

  • la prima riguarda la mancata formazione di un lavoratore la quale evidenzia come questa mancanza possa influire negativamente sull’intera organizzazione aziendale;
  • la seconda riguarda la responsabilità di un datore di lavoro per incontri formativi troppo brevi e per la mancata verifica della comprensione da parte di lavoratori stranieri.

 

Cassazione penale sez. 4, 25 giugno 2013, n. 27779

“S.S. stava eseguendo operazioni di disarmo delle casseformi della parete della costruenda galleria artificiale e precisamente era intento a tagliare con un frullino elettrico la testa del perno a farfalla che ancorava le casseformi. La cassaforme non era stata ancorata con catene collegate alla gru e pertanto, una volta effettuato il taglio del perno, la stessa si staccava dalla parete, roteava su se stessa e, cadendo, trascinava con sé il frullino e l’operaio che lo stava utilizzando procurandogli gravi lesioni. Il datore di lavoro è ritenuto responsabile della mancata formazione del dipendente e della mancanza del preposto”.

Ricorso in Cassazione:

Il lavoratore pur sapendo che nel cantiere era presente la gru si decise di non utilizzarla per accelerare i tempi visto che la stessa era al momento utilizzata da parte di un collega di lavoro: il ricorrente ritiene si tratti di contegno imprevedibile e comportamento abnorme da parte del lavoratore e pertanto interruttivo del nesso di causalità”.

Ricorso inammissibile

L’infortunato, assunto da pochi giorni, come testimoniato dalla visita medica – ma la situazione non sarebbe stata diversa anche ove il lavoratore fosse stato occupato da più giorni – non aveva ricevuto alcuna formazione da parte del datore di lavoro, come dimostrato dalla mancata frequenza di appositi corsi di formazione, né aveva ricevuto istruzioni circa le modalità di svolgimento del lavoro di disarmo delle casseformi ed in particolare circa l’impiego del frullino, essendo i dipendenti semplicemente lasciati a se stessi, tanto che, poiché l’unica gru presente nel cantiere era in quel momento utilizzata da un collega, S.S aveva deciso di farne a meno e procedeva a tagliare il perno con il frullino senza avere imbragato la casseratura e senza essersi assicurato con dispositivi di sicurezza”.

La sentenza di primo grado ha opportunamente messo in luce che si trattava di un’operazione assolutamente usuale, di routine, e che il lavoratore, proprio perché privo di una specifica informazione e formazione ha sottovalutato il rischio della sua pericolosità e, per accelerare i tempi di lavorazione, ha proceduto senza le dovute cautele. Un tale comportamento del lavoratore non può ritenersi abnorme e pertanto interruttivo del nesso di causalità ma è frutto della scarsa attenzione del datore di lavoro alla materia della sicurezza ed in particolare alla inosservanza del dovere di formazione del dipendente e vigilanza sul rispetto delle prescrizioni.

 

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Safety Focus – Anno II – Numero 09 – 19 Giugno 2015