di Silvia Nutini e Alessia Boldrini
Un apprendista operaio addetto al magazzino, alla guida di un carrello elevatore, stava movimentando un bancale in legno contenente quattro elementi porta-griglia da stoccare in appositi scaffali tra loro distanziati in misura tale da permettere il passaggio del carrello. Egli aveva sistemato all’interno della cabina di guida del muletto tre “moraletti”, ossia tre travetti in legno, uno dei quali si era incastrato nel montante della scaffalatura. Purtroppo, il piede dell’operaio era rimasto incastrato tra i predetti listelli e la pedana del carrello, causandogli la frattura del malleolo e la lussazione tibio-astragalica, con ampia ferita lacera. Il procuratore speciale della ditta datrice veniva imputato e condannato in primo grado per avere colposamente causato la lesione al lavoratore mediante una omissione di verifica e controllo, che aveva concorso con la condotta del lavoratore.
La sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 6741/2015 richiama il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 35, comma 2, in vigore all’epoca del fatto, per cui “Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte“. Si tratta, dice la Cassazione, di “specifica norma cautelare che impone al datore di lavoro obblighi di protezione, che si sostanziano nel mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature sicure, ed obblighi di controllo, che si sostanziano nel verificare che le medesime attrezzature mantengano nel tempo i requisiti di sicurezza e vengano utilizzate dal lavoratore secondo prassi efficaci al fine di ridurre al minimo ogni rischio” (Cass. Pen. Sez. IV, n. 6741/2015).
L’obbligo di garanzia gravante sul datore di lavoro con riguardo alle attrezzature da mettere a disposizione del lavoratore si estende, infatti, oltre l’informazione circa il loro corretto utilizzo: a monte, nel dovere di fornire attrezzature intrinsecamente rispondenti ai requisiti di sicurezza; a valle, nel dovere di verificare che le procedure per l’uso di tali attrezzature da parte del lavoratore siano esse stesse rispondenti a canoni di sicurezza. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto legittima, nell’ambito di operatività della norma in esame, la sussunzione della condotta del datore di lavoro che abbia fornito al lavoratore una serie di tavole in legno lunghe 80 centimetri da trasportare, senza comunicargli alcuna regola di posizionamento lungo un corridoio di larghezza corrispondente alla sagoma del carrello, causando pericolo per l’addetto.
Inoltre, con riguardo al nesso di causalità tra la violazione di cui sopra e l’evento lesivo, gli Ermellini hanno evidenziato che la condotta del lavoratore che inseriva le travi nella cabina di guida non poteva ritenersi idonea ad escludere la responsabilità del datore, in quanto non esorbitante dal procedimento di lavoro al quale egli era addetto. In alcune sentenze il principio era già stato ribadito, e si è qui altresì sottolineato che la condotta esorbitante debba essere totalmente incompatibile con il sistema di lavorazione o, pur rientrandovi, debba consistere in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili, e quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.
Safety Focus – Anno II – Numero 06 – 5 Maggio 2015