Infortuni sul lavoro: il lavoratore deve sapere cosa fare e cosa non fare
di Silvia NUTINI
Con la sentenza n. 44106/2014 la Corte di Cassazione penale sez. IV, ha accolto il ricorso della vedova e dei figli di un lavoratore perito nell’atto di allineare le ruote posteriori di una grande macchina per la raccolta di barbabietole, riformando così la sentenza della Corte di Appello di Bologna che assolveva dal reato di omicidio colposo il datore di lavoro del defunto.
Con la predetta pronuncia, la Cassazione ha stabilito il principio secondo cui “in tema di infortuni sul lavoro, l’attività di formazione del lavoratore prevista dal D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 38, – ed oggi dal D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 73, -, ove si tratti dell’utilizzo di macchine complesse, talune operazioni sulle quali siano riservate a personale con elevata specializzazione, non si esaurisce nell’informazione e nell’addestramento in merito ai rischi derivanti dall’utilizzo strettamente inteso ma deve tener conto anche dei rischi derivanti dalla diretta esecuzione delle operazioni ad altri riservate”.
Difatti, alla luce del disposto del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, per cui “il processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi”.
Si ricava che, ove si tratti della formazione riguardo all’uso di macchine complesse, la formazione adeguata della quale fanno parola l’art. 38, e art. 35, comma 5, (applicabili ratione tempore al caso in esame), non si esaurisce nella fornitura di nozioni tecniche atte ad eseguire una determinata operazione; essa è piuttosto la creazione o il rafforzamento di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei compiti assegnati; competenze che a seconda dei casi prospettano un facere o un non facere. Detto altrimenti, l’obbligo di formazione, quando si tratti di attrezzature di elevata complessità, suscettibili di richiedere operazioni riservate a personale specializzato, non implica unicamente di far conoscere ciò che deve essere fatto ma anche ciò da cui astenersi, proprio perché ad altri riservato.
La vicenda riguarda l’incidente mortale occorso ad un lavoratore impegnato nella conduzione di un grande macchinario per la raccolta di barbabietole. Nel corso delle operazioni di sostituzione di una ruota anteriore, svolte da un collega, con il mezzo a motore acceso, il lavoratore si portava nella parte posteriore della macchina con l’intento di riallineare l’asse delle ruote posteriori e rimaneva schiacciato tra il supporto dei pistoni dello sterzo e la ruota posteriore sinistra. Le lesioni subite gli cagionavano la morte.
In primo grado, il Tribunale di Piacenza condannava per omicidio colposo il datore di lavoro, in secondo grado, la Corte di Appello di Bologna lo assolveva in quanto “al datore di lavoro non incombeva l’obbligo di fornire specifica formazione sul funzionamento di tutte le parti della complessa macchina raccoglibietole, ivi comprese quelle relative agli apparati elettro-idraulici che comandavano le molteplici funzioni”; per la Corte distrettuale “l’adeguata e specifica formazione non poteva essere estesa a quelle operazioni tecniche complesse riservate a personale altamente specializzato”.
Diversamente, la Suprema corte di Cassazione ha ravvisato nella vicenda gli estremi per una riforma radicale della precedente pronuncia, giudicando che proprio in ragione del fatto che si trattava di operazioni rigorosamente riservate a personale altamente specializzato l’attività di formazione non poteva non comprendere anche le informazioni e le direttive volte a far conoscere al lavoratore l’esistenza di operazioni che, concernenti il mezzo meccanico al quale egli era addetto, erano tuttavia da compiersi a cura di personale specializzato; a dotarlo di istruzioni circa il comportamento da assumere laddove tali operazioni si fossero rese necessarie nel corso dell’utilizzo da parte sua del macchinario in questione; dei rischi ai quali egli si sarebbe esposto non già eseguendo l’operazione ma qualora non avesse seguito le istruzioni appena ricordate. Il rischio specifico al quale il conducente del mezzo si trovava esposto, vista la complessità del mezzo affidatogli per la conduzione, era quello di non percepire tale complessità e quindi di assumere comportamenti non appropriati, a loro volta pregiudizievoli per sè e per altri.
Alla luce di tale pronuncia, pertanto, l’obbligo di formazione dei dipendenti che grava sul datore di lavoro si fa più intenso e ricomprende anche l’insegnamento del cosa NON FARE e QUANDO FERMARSI.
Safety Focus – Anno I – Numero 03 – 14 Novembre 2014