Il lavoratore infortunato deve provare il danno e le omissioni del Datore di Lavoro
di Silvia Nutini, Alessia Boldrini
In riforma della sentenza del Tribunale di Taranto che gli aveva riconosciuto il risarcimento per danno biologico e morale, la Corte d’Appello di Lecce aveva rigettato la domanda di un lavoratore infortunatosi sul posto di lavoro, colpito da ipoacusia del tre per cento. Il lavoratore aveva lamentato un danno derivante da malattia professionale, collegato alla guida di autobus con motori diesel fino al 1979, nonché al lavoro di riparazioni in officina per 18 mesi per conto di una società di trasporti.
Secondo la Corte d’Appello, il lavoratore non aveva allegato l’inadempimento della società datrice di lavoro a qualcuno degli obblighi di sicurezza imposto dall’art. 2087 c.c., omettendo di provare la violazione del dovere di adottare le misure a tutela del lavoratore in base alla particolarità del lavoro ed all’esperienza e alla tecnica. Al contrario, la società datrice aveva diligentemente provato mediante testi e documenti che gli autobus erano stati sottoposti a periodiche revisioni, e che il lavoro in officina non era comunque idoneo a causare l’accertato (modesto) danno per ipoacusia.
Ricorreva il lavoratore in Cassazione, lamentando anzitutto la violazione dell’art. 2087 c.c. e art. 32 Cost., ma limitandosi ad asserire “obblighi” gravanti sul datore, la sua responsabilità per il fatto costituente reato e l’omissione di “tutte le cautele” idonee ad evitare il rischio lavorativo.
Richiamandosi ad un precedente orientamento, la Corte ha sancito che qualora il lavoratore chieda il risarcimento al datore di lavoro per danno derivante da malattia professionale e per avere questo omesso di adottare le misure di sicurezza, la domanda è inaccoglibile quando egli ometta di indicare quali fossero le misure da adottare e non adottate, cioè gli strumenti che il datore avrebbe dovuto porre in essere al fine di contrastare la fonte di rischio asserita (rumore). La Corte ha ribadito che “..il prestatore di lavoro, che chieda al datore il risarcimento del danno alla salute per mancata adozione delle misure di sicurezza di cui all’art. 2087 c.c., ha l’onere di indicare le dette misure, stante che altrimenti si affermerebbe un principio di responsabilità oggettiva, contrastante con gli artt. 1218 e 2043 c.c., secondo cui basterebbe l’evento dannoso a provare il mancato uso dei detti mezzi” (cosi Cass. Civ., n. 12089/2013).
In definitiva, Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello perché il contenuto “perplesso e generico” della domanda non può condurre alla condanna risarcitoria del datore, che pure ha assolto il suo onere difensivo allegando prove documentali e testimoniali; mentre l’onere probatorio spetta al lavoratore che si dolga di danni che, seppure accertati, non possono provare da soli il nesso di causalità con una condotta illegittima del datore di lavoro.
Safety Focus – Anno II – Numero 04 – 28 Febbraio 2015